Due voci diverse per un nuovo straordinario spettacolo bipartito, ma unitario: Giulio Casale e Talèa (Cecilia Quaranta) salgono sul palco del Teatro Remondini per cantare la realtà vista attraverso il sogno. Un'opera inedita, voluta e presentata in anteprima dall’Associazione Culturale dif.fusione88 che ha scelto di coinvolgere due artisti veri e senza compromessi. Navigato e affermato musicista Giulio Casale, considerato una delle penne più acute e incisive della canzone italiana; giovane e coraggiosa Talèa, multiforme cantautrice passata in pochi anni dal busking nella fredda Scozia al difficile palcoscenico di X Factor grazie al suo indubbio talento. Due voci diverse per genere, ma consonanti, legate da una reciproca stima artistica.
Il sogno è qualsiasi luogo della mente in cui riconosciamo immagini e suoni come reali, anche quando non lo sono. La radice della parola rimanda al sonno, ma c'è chi ha fatto della propria vita un sogno vigile, e non certo in senso negativo. È sogno anche l'immaginario che ci permette di intuire un barlume di verità, come attraverso lo squarcio della realtà fisica. Proprio al Teatro Remondini, Giulio Casale presentò la prima del suo spettacolo “Le notti bianche”, tratto da Dostoevskij: uno scavo a mani nude nell'animo umano, immersione in apnea volta alla costruzione di un'interiorità forte, che permetta di fare fronte al disastro del reale che ci circonda. Agli stessi lidi rimanda una delle più belle immagini create da Talèa nell'album “aura”, in cui ricorre l'idea di “continuare a scavare l'acqua”.
Talèa presenta il suo disco, che è un sottile concept che ruota attorno al senso di straniamento e separazione dalla realtà e da sé che sperimenta chi soffre, come lei, di emicrania con aura. Non un disco su una malattia, quindi, ma un'osservazione della realtà da una prospettiva sghemba e inedita che non può non far riflettere. Così come Giulio Casale osserva e narra da una prospettiva analoga, il mondo, soprattutto l'umano.
È come se alla domanda implicita di Talèa, “cosa sono diventata?”, facesse eco una risposta di Giulio che è solo in apparenza la stessa domanda, “cosa siamo diventati?” Ed ecco quindi il dualismo, delle voci, dei repertori: due facce di una sola medaglia che a ben guardarla è uno specchio, per gli artisti e per chi ascolta. Tutto si condensa nel gioco di parole del titolo: “abbi sogni” suona come “abbisogni”, ovvero “hai necessità”. E quanta ne abbiamo, in questo tempo, di guardarci dentro e capirci, pur anche in minima parte.
Uno spettacolo senza pause, con possibili incursioni inaspettate nei reciproci set, per una serata di parole e musica che non sarà facile dimenticare: perché sarà un sogno condiviso, il terreno dal quale germogliano le idee che plasmano e cambiano il mondo. “Ogni desiderio usa il sogno per lasciarsi immaginare.”