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Non è facile descrivere Pop X a qualcuno che non lo conosce, per il semplice motivo che niente è come Pop X. L’attitudine dei ragazzi altoatesini, fuori ma soprattutto sul palco, è inequivocabilmente punk. Saltano, si dimenano, bevono e si spogliano minimo fino alle mutande, mentre Davide con la voce in autotune sputa testi a metà  fra un romantico Battisti (al quale li aveva già paragonati Alberto Piccinini da queste parti) e dei deliranti Verdena. Anche in tour, i ragazzi preferiscono dormire a casa di qualcuno del posto piuttosto che in albergo («Non puoi invitare nessuno, non puoi fare casino, e allora vaffanculo!»). Quanto alla musica, sulle prime l’apparente semplicità dei suoni può far storcere il naso, ma quello che rimane dopo ascolti ripetuti è un neo-cantautorato elettronico che riesce tremendamente bene in uno dei generi più difficili da fare: il pop. «Ascolto moltissima elettronica, tipo PC Music e Lorenzo Senni, ma anche Sébastien Tellier, M83, Beach House», si sbottona il cantante. Quanto a roba old school, conveniamo che il primo disco di Sergio Caputo, Un sabato italiano, porta il cantautorato italiano al suo picco negli anni ’80. Oltretutto ha lo stesso font usato dai Suicidal Tendencies, che ricorda molto anche quello di Lesbianitj, mi fa giustamente notare Davide.