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La vendita on-line per questa manifestazione è conclusa

Info Evento

SCRITTO E DIRETTO DA Dino Lopardo
DA UN'IDEA DI Andrea Tosi
CON Alfredo Tortorelli, Lorenzo Garufo, Iole Franco

Una gabbia questa società. Esseri umani ingabbiati nelle loro paure, desideri, sogni… “L’uccello in gabbia canta per invidia o per rabbia” ; “Gabbia de’ matti è il mondo”; “Sentirsi speciali è la peggiore delle gabbie che uno possa costruirsi”; “Eppure il cuore batte in Gabbia ”… Il punto di partenza per me è stato questo elemento metaforico ma al contempo fisico, materiale: LA GABBIA. Dal punto di vista scenico evidenziare dei confini per me è stato fondamentale. Un quadrante dove i due fratelli, Giovanni e Paolo agiscono. Una gabbia immaginaria appunto; quella delle mura domestiche da dove prende il via questa vicenda e questo conflitto ancestrale. All’interno di questo quadrante un’ ulteriore gabbia (quella di Giovanni), una gabbia mentale, dove sono racchiusi i suoi ricordi, sogni, amori, aspirazioni. È tutto molto freddo intorno, per questo ho deciso di optare per un allestimento scenico metallico, freddo appunto.

Diversi autori mi hanno ispirato e hanno affrontato il tema della “gabbia”; per alcuni addirittura è stata la loro ossessione: Elias Canetti, Kahlil Gibran, Andre Benjamin, Alaion de Botton, Gesualdo Bufalino, Leo Buscaglia, solo per citarne alcuni.

Pericoloso entrare senza frustino nella gabbia dei ricordi. Mordono. Gesualdo Bufalino, Il malpensante, 1987 “L’amore s’impara, la paura s’impara, il pregiudizio s’impara, l’odio s’impara, la premura s’impara, la responsabilità s’impara, l’impegno s’impara, il rispetto s’impara, la bontà e la gentilezza d’animo si imparano. S’imparano tutte queste cose nell’ambito di una società, in famiglia, in un rapporto. I processi del linguaggio iniziano all’età di uno o due anni quando le parole cominciano ad assumere un contenuto emotivo e intellettuale. E sono le parole con le quali voi strutturerete il vostro ambiente e vivrete per il resto della vita, e che potranno ingabbiarvi o rendervi liberi. Questo è straordinariamente importante”.

Leo Buscaglia, Vivere, amare, capirsi, 1982.

Giovanni e Paolo, protagonisti di questa vicenda, sin dall’adolescenza sono stati sopraffatti da una serie di aventi che gli hanno poi condizionato l’esistenza. Essere emarginati o emarginarsi? Cosa accade quando un essere umano viene lasciato solo a marcire in silenzio dalla propria famiglia? Essa ha un peso specifico, come pure gli affetti, il condizionamento della società?. Ho voluto che i protagonisti di questa storia fossero entrambi rinchiusi nelle loro aspirazioni, sogni, vizi e tanta rabbia. Non c’è chi vince o chi perde ma solo il fluire degli eventi che condizionano un essere umano sin dalla nascita. Il punto focale è propriamente la famiglia perché? è la radice da cui ogni individuo trae la sua condizione esistenziale; forse la “GABBIA” da cui fuggire?