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Dore – Pasini duo
Raimondo Dore: pianoforte
Daniele Pasini: flauto

Bach. Da Bach si incomincia. Non perché, prima, non siano vissuti musicisti immensi. Da Bach si incomincia, per ragioni a tutti note… e poi per ragioni ancora parzialmente ignote a quasi tutti.

Con Bach si instaura il temperamento equabile. Questo offre diverse possibilità, indispensabili per la vita fisica degli strumenti a tastiera, e di altri strumenti ancora. Questo offre il quadro armonico stabile necessario per le modulazioni, indispensabile per le improvvisazioni. Con Bach, cioè in Bach, è tutto un fiorire di forme diverse, di ferreo - o quasi ferreo - rigore, oppure di ineffabile libertà. Di Bach sono spesso magnificate le insuperabili gotiche geometrie contrappuntistiche, ma anche la magnificenza di costruzioni orchestrali in cui, come nel resto, par che si attui un sinolo inscindibile di intimità e di intelletto. Così la tradizione lo inquadra fra i Titani, ma non è di questo che vorremmo parlare qui.

Qui ci piacerebbe parlare del canto, che si ascrive (giustamente) alla tradizione italiana; e dell’improvvisazione. Sia perché il preponderante stile di lettura orchestrale e strumentale non lo contempla (almeno in Bach, e ciò è singolare) sia perché l’attualità dell’improvvisazione a tema in tutte le sue forme, per esempio nel jazz che dalla metà del novecento ha dato frutti così rigogliosi alla Musica, non può neanche essere pensato, e tantomeno fatto, senza questi tre fondamentali elementi. La sonata per flauto e tastiera qui presentata, e che costituisce l’incipit di questo concerto, poi ci pare una pagina in cui è la musica stessa a pararcisi dinanzi, a rendercisi visibile e a parlare con noi.

Singolarmente naturale ci pare quindi la scelta di Raimondo Dore e Daniele Pasini di impiegare come innesco delle loro composizioni originali questa pagina. Di Raimondo Dore abbiamo già scritto qualche riga, e di certo non occorre presentarlo al pubblico di Alghero che ben ne conosce la proteiforme ampiezza delle virtù musicali. Qui vogliamo comunque rimarcarne due aspetti per noi essenziali. Il primo è la sua sostanziale refrattarietà a tutto ciò che non è musica che, coerentemente al suo costume di gentilezza mai ha stigmatizzato, ma che non pratica. Il secondo è la sua voce, cioè la voce del suo strumento, che, al pari di tutti i grandi musicisti, rispecchia la sua personalità, e ci consente sin dalle prime note di dire: “è lui”…

Su Daniele Pasini, sulla sua versatilità di musicista e (vogliamo permetterci di dirlo?) sulla bellezza del suono del suo flauto, non occorre dilungarsi, perché porta il suono come un’onda, e pare rendere piena giustizia all’aggettivo (che bella la lingua italiana!) flautato.
Quindi dopo il primo soli insieme, essi si mischieranno e si invischieranno l’uno nelle musiche dell’altro e viceversa. Nelle composizioni, nei temi. E certamente sarà una serata da cui gli ascoltatori usciranno con un esempio pneumatico, lampante, di cosa voglia dire ascoltarsi, e far musica insieme.