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PAT MASTELOTTO (King Crimson) + COLIN EDWIN (Porcupine Tree) + CARMELO PIPITONE (Marta sui tubi) + LORENZO ESPOSITO FORNASARI (Obake) = O.R.k. 


Gli O.R.k. nascono dalla collaborazione tra gli italiani Lorenzo Esposito Fornasari (Berserk!, Obake) e Carmelo Pipitone, chitarrista dei Marta sui Tubi, con due mostri sacri del rock internazionale come Pat Mastelotto (King Crimson) e Colin Edwin (Porcupine Tree). L’album figlio di questa inusuale convergenza si intitola “Inflamed rides”, uscirà in digitale e in CD il 2 ottobre 2015 e verrà anche portato in tour nei primi mesi del 2016.
Dietro ogni band c’è una storia, una geografia, qualcosa di particolare da raccontare. Ma per alcune band le storie e le geografie sono molteplici e allora diventa più complicato scegliere da dove cominciare. Questo è il caso degli O.R.k, perché per parlare di loro si potrebbe partire dall’Australia, o da Londra, o dalla California, o da Bologna. Ma non basterebbe. Si può provare con il loro immaginario, fatto di fumetti dai tratti decisi e illustrazioni di musicisti con fattezze di animali: orche, lupi, orsi. Oppure semplicemente elencare i nomi dei protagonisti, ovvero Lorenzo Esposito Fornasari aka Lef, già con Obake e Berserk! e compositore dell’opera Saga di G.L.Ferretti, Carmelo Pipitone, funambolica chitarra dei Marta Sui Tubi, Colin Edwin, bassista dei Porcupine Tree (sì, quei Porcupine Tree) e Pat Mastelotto, batterista e percussionista dei King Crimson (e sì, quei King Crimson).
Lef e Pipitone volevano da tempo avviare una collaborazione ed è stata una vera folgorazione quella che nell’estate del 2014 li ha colti: Lef aveva lavorato anche con Mastelotto e Colin Edwin e la band dei loro sogni era quindi già una possibile realtà. Nasce così un flusso creativo che parte da via del Pratello a Bologna e passa per Londra, che rimbalza da una parte all’altra dell’Atlantico e diventa “Inflamed Rides”, l’esordio degli O.R.k. sulla lunga distanza, in uscita fisica il 2 Ottobre, autoprodotto anche grazie a una fortunata campagna su Musicraiser e con la distribuzione europea a cura di Cargo UK.
“Inflamed Rides” è album che racchiude tutte le influenze di quattro musicisti sopraffini per tecnica ed esperienza, capaci accordo dopo accordo di regalare pezzi multiformi, difficili da incasellare, che esplorano il subconscio attraverso storie oscure e fantastiche: c’è il grunge come nell’iniziale “Jellyfish”, ma “Inflamed Rides” non è un disco grunge; ci sono dei musicisti prog ma del prog rimane solo l’attitudine alla musica e all’esecuzione, con qualche legittima citazione; ci sono delle componenti mathrock, i saliscendi (“Breakdown”) e la psichedelia acustica (“Pyre”, il cui video è un piccolo capolavoro di animazione, anche in questo caso un gioiello realizzato in autonomia dallo stesso Lef in collaborazione con Nanà Oktopus Dalla Porta); ci sono gli anni 90 rivisitati e stravolti, come in un grande calderone che ribolle e cambia consistenza di continuo. Pezzi come “Funfair” o “Bed Of Stones” vanno ascoltati facendosi investire dalle ritmiche ossessive, dalle escursioni di dinamica, fino a incappare nella frase che dà il titolo all’intero album, o proiettandosi in mondi paralleli popolati di personaggi strani, inquieti e inquietanti. “No Need” parte con un giro di chitarra acustica killer, a cui gli O.R.k. attaccano dei brandelli di Mad Season, fino all’andamento impazzito e totalizzante di “Vuoto”, l’unica canzone con un titolo e un testo in italiano. La complessità di ogni singolo brano degli O.R.k. è qualcosa che stupisce e sembra arricchirsi ascolto dopo ascolto: così mentre “Dream Of Black Dust” dipinge un sognante quadro mattiniero, mentre si coglie un valzer in lontananza, personaggi sempre inusuali e qualche domanda di troppo in testa, quello che succede musicalmente è un viaggio nel viaggio, che sembra sfociare nella successiva, bellissima, “Funny Games” e si conclude nella finale “Black Dust”, un brano strumentale che non esplode mai, una dilatazione che lascia maggior spazio alla tromba di Paolo Raineri (già presente in “Dream Of Black Dust”) e che conclude questo giro del mondo, ispirato al “pragmatismo delle orche” e realizzato a distanza tra chilometri di mail.
Un album che nasce dall’immaginazione e dalla capacità di pensare l’impensabile di artisti di primissimo livello che inventano un modo per trovarsi e fanno quello che più amano: scrivere e arrangiare canzoni. E la parte migliore di tutto questo è che “Inflamed Rides” non è un “one shot” per collezionisti, ma il primo capitolo di una storia ancora tutta da scrivere, anche dal vivo, con concerti che sono previsti per il 2016.
Una storia che ha già due illustri e fedelissimi fan: Robert Fripp e Tony Levin. Chapeau.